La zattera dell'Amicizia

Il vento soffiava forte quella notte, ma lo zio Jap aveva deciso lo stesso di fare la traversata in mare. «Una promessa è una promessa» - aveva sentenziato e nessuno si era opposto a tale decisione. Neanche la mamma e il papà avevano avuto il coraggio di contrariarlo. Quando lo zio Jap prendeva una decisione non c'era verso di fargli cambiare idea, specialmente se era una cosa decisa da tempo e come diceva lui, era impossibile rimandare. I nostri genitori acconsentirono dal momento che era un esperto della navigazione e con lui saremmo stati al sicuro. Il fatto è che nella traversata, avevamo coinvolto anche dei nostri amici. Alcuni addirittura non erano mai stati in mare aperto, altri invece non godevano di ottime prestazioni, nel senso che fisicamente mancavano di qualcosa, chi di una gamba, chi di un braccio e chi pure della vista. Noi, quattro fratelli, più due amici a testa formavamo un bel gruppo da portare in mare aperto a respirare l'aria marina ed essere circondati solo da acqua e cielo. Altro che gita, una fantastica avventura da vivere come i pirati che vedevamo nei film, ci avrebbe portato non solo a sognare, ma a viverla veramente. Lo zio Jap poi ci adorava. Aveva un affetto sfrenato per noi, ci avrebbe regalato pure la Luna se avesse potuto. Ci chiamava i quattro elementi essenziali dell'esistenza: fuoco, aria, acqua, terra. Per lui eravamo Fire (io), Water mio fratello, Earth e Air le mie sorelle. L'appuntamento era fissato al porto per le cinque del mattino davanti alla barca “Tuffetta” dello zio il cui nome era proprio azzeccato per lui. Tuffetta, femminile del piccolo uccello Tuffetto, dal carattere schivo che non ama particolarmente la compagnia e se disturbato si nasconde sott'acqua, tenendo solo il capo fuori per osservare attentamente la situazione. Lo zio era così, però amava la compagnia dei bambini ed era un buon osservatore, spesso trascorreva le giornate a guardare il mare noncurante dei giudizi altrui. Fortunatamente il vento si era calmato e le prime luci dell'alba promettevano una buona giornata. Ci imbarcammo di buon'ora con tutti i nostri amici e lo zio ci allietò con la bella notizia che ci avrebbe portato a visitare la “Grotta dello splendore”, un fantastico luogo che pochi conoscevano e che addirittura in paese dicevano che non esisteva affatto. Sciolti gli ormeggi, salpammo per la nostra traversata. Lo zio al timone ci addestrava sui compiti da eseguire come annodare le corde, tirare le vele, godersi il profumo del mare e l'immensa vista del cielo. L'acqua era tranquilla, la brezza rinfrescante e il Sole tiepido cominciava a riscaldare gli animi. Stare sulla barca era un piacere. Specialmente con i nostri amici, alcuni non si conoscevano e così cominciammo a parlare comodamente seduti sul ponte scoprendo anche i nostri difetti. Lo zio diceva che il mare aiuta a coltivare la sensibilità, che serve la solidarietà per navigare e che l'ascolto è necessario per non finire in mezzo alla tempesta o, per solcarla al meglio delle nostre possibilità, quando ci coglie di sorpresa. E fu proprio in quel momento, quando giungemmo al largo che in balia delle onde cominciammo a essere sballottati da una parte all'altra. Vidi negli occhi di Sam l'amico non vedente, uno sguardo terrorizzato e subito l'abbracciai per rassicurarlo e proteggerlo. Water cercava con tutte le forze di trattenere Gian che a stento si reggeva su una gamba, addirittura Josè pronto di riflessi arrestò col suo forte braccio, aveva solo quello, le due gemelle che stavano per poco volando fuori bordo. Una tempesta inaspettata ci colse di sorpresa, le mie sorelle, più coraggiose non si persero d'animo e tranquillizzarono gli altri a bordo prendendosi ognuno per mano in modo da restare uniti. Lo zio urlava e dava ordini per metterci in salvo. Tirò subito fuori una scialuppa di emergenza, un cannotto di salvataggio e, nel giro di pochi attimi ci ritrovammo in mare aperto sballottati dalle onde col vento incessante che soffiava e la pioggia che batteva violenta. Le lacrime che solcavano i nostri volti si confondevano con la pioggia battente, i giubbotti di salvataggio che indossavamo ci rassicuravano, ma più di tutti fu lo zio che straordinariamente nel mezzo della burrasca cominciò a cantare e a farci sbellicare dalle risate con le sue storie comiche di pirati e naviganti, quando neanche senza accorgercene venimmo sbalzati dentro una grotta dove la più grandiosa delle sorprese fu proprio che ci trovammo nella “Grotta dello splendore”. Un tepore e un leggero chiarore che non capivamo da dove venisse ci tranquillizzò, finalmente eravamo al sicuro, così scendemmo dal canotto per addentrarci nella cavità che assomigliava ad una grande sala accogliente dove potevamo riposare e ristorarci in attesa che finisse la tempesta. La grotta era adornata di pietre decorate che alcune sembravano avere sembianze di piccoli mobili. Stalagmiti, stupendi minerali, di varie forme e dimensioni che assomigliavano a delle grosse candele andavano ad incontrare le stalattiti costruendo una serie di colonne che davano l'impressione di essere infinite. Quella grotta era tutta lì: un'enorme stanza piena di tesori e meraviglie da poterci addirittura dormire e riposare per poi riprendere il viaggio di ritorno. C'erano anche utensili e oggetti lasciati dai pirati. Ci colpì un forziere cui all'interno c'erano monete sbiadite di poco valore, qualche vecchia benda, armi ammaccate e arrugginite e quattro medaglie dorate che ci stupirono per la loro bellezza. Ognuna aveva inciso un nome: Coraggio, Altruismo, Tolleranza e Diversità. Io e i miei fratelli le condividemmo con gli amici e stabilimmo che era il nostro tesoro. Lo zio diceva che avremmo ritrovato anche la nostra barca perché Tuffetta non l'aveva mai abbandonato, neanche in condizioni peggiori. Tirò fuori dal suo zaino di emergenza cose buone da mangiare e da bere, ci aiutammo a vicenda sulle nostre necessità, sui bisogni di ognuno ed esausti ci addormentammo nel calore della grotta dello splendore. Quando ci svegliammo non capivamo quanto tempo fosse passato. Vedemmo lo zio che andava da un punto all'altro della grotta con passi affrettati. Si fermò e disse: “Ragazzi qui si mette male, mentre dormivamo la corrente del mare ha trascinato via il canotto di salvataggio e dobbiamo escogitare un piano per ritornare a casa”. “Ma come”? - Gridammo tutti insieme. “Come, come, non lo so” - rispose. “Ho fatto una piccola escursione e ho visto che fuori dalla grotta c'è un piccolo isolotto, ci accamperemo lì per fare del fuoco e segnalare i soccorsi con delle torce di legno. “Voi quattro fatevi venire qualche idea” - disse a me e ai miei fratelli - “Siete o non siete i quattro elementi essenziali della vita?” Qualcuno cominciava a essere triste e preoccupato, altri a singhiozzare perché volevano tornarsene a casa. Consolammo i più deboli e mettemmo in pratica il nostro tesoro e cioè le monete che avevamo trovato nel forziere. Una moneta per ogni gruppo ci avrebbe resi più forti e speranzosi. Ci dedicammo con coraggio aiutandoci gli uni verso gli altri e perlustrammo l'isolotto, mentre chi non poteva camminare o non ce la faceva restò di vedetta per controllare se fosse passata qualche imbarcazione. Al calar del tramonto lo zio Jap cominciò a fare segnali di fuoco, ma fino a tarda notte non ricevemmo nessuna segnalazione. Di bello c'era un meraviglioso cielo stellato e il mare calmissimo. Alle due gemelle Clo e Flo venne in mente di accendere un grande fuoco e così, giocammo, cantammo e ballammo per l'intera serata. Lo zio poi ci raccontò prima di dormire storie sensazionali sui pirati e ci addormentammo con la dolce ninna nanna del mare dentro la grotta dello splendore. Il giorno dopo camminavamo senza meta sull'isolotto e con le poche provviste rimaste. Mi colpì Jose, ogni tanto si fermava a raccogliere rami. “Cosa stai facendo”? - gli chiesi. “Raccolgo pezzi di legno per costruire una zattera per tornare a casa” - mi rispose. Poco lontano lo sentì lo zio. “Bella idea!” - affermò - “Costruiremo una bella zattera e la chiameremo la zattera dell'Amicizia”. Un'idea che ci costò tanta fatica, ma che ci diede molte soddisfazioni. Imparammo a collaborare, a essere più laboriosi mettendo a disposizione ognuno il proprio talento e le proprie capacità, naturalmente con la guida preziosa dello zio che ci insegnò tante cose sulla terra, sul mare e sull'universo. Ogni tanto è vero si litigava un po', ma le quattro monete ci riconducevano sulla retta via da seguire e finalmente realizzammo una bellissima zattera con tanto di albero maestro e una bandiera dei pirati trovata nel forziere. Salpammo tutti sulla zattera e ci dirigemmo verso la meta del ritorno con l'aiuto della bussola dello zio Jap. Dopo qualche ora inaspettatamente vedemmo all'orizzonte una barca. Era la nostra Tuffetta che solitaria vagava sul mare forse in attesa di ritrovarci. Subito la raggiungemmo per salirci finalmente a bordo con anche la zattera e ritornare a casa. Fortunatamente l'imbarcazione non aveva subito danni e lo zio si mise di nuovo al timone e riprese il comando. Avvertì subito tutte le famiglie per tranquillizzarle anche se la Capitaneria di Porto si era già attivata per venirci in aiuto. Arrivammo tutti sani e salvi e fu una gioia immensa riabbracciare i nostri cari. E' trascorso tanto tempo da quella strana e bella avventura. La zattera è rimasta al porto, lo zio la conserva come un dono prezioso. Noi ci andiamo spesso a giocare. E' la nostra zattera dell'Amicizia che abbiamo costruito insieme nel nome del Coraggio, dell'Altruismo, della Tolleranza e della Diversità. Sono tesori che conserviamo nel nostro cuore, che ci danno ogni giorno la forza di vivere, di collaborare e di costruire insieme agli altri un mondo migliore nell'amore, nell'amicizia e nella lealtà.

Sull'albero maestro sventola ancora la bandiera con la nostra poesia dedicata all'Amicizia:

Amico, la tua memoria mi è cara,

caro è il tuo cuore, cara è la tua

persona che mi scalda la vita.

Le parole delineano flussi di vento,

sono la tua linea che gira

attorno al tuo punto di riferimento.

Amico che viaggi e sorridi per me

se io fossi te sarei la nuvola

dove posare soffice lo sguardo

e l’amore perpetuo.

Grazie Amico.

Rosalba Le Favi

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